giovedì 26 dicembre 2013

VANIA COMORETTI: VISIBILE - WHITELABS, ANDORA




VANIA COMORETTI
VISIBILE
Whitelabs
Palazzo Tagliaferro
largo Milano - Andora
dal 23/11/2013 al 12/1/2014

La mostra personale di Vania Comoretti (Udine 1975, vive e lavora tra Udine e Venezia), raccoglie lavori eseguiti negli ultimi anni, fino a opere inedite create appositamente per la mostra di Andora. La sua mostra ha molti punti di contatto con il tema della mostra collettiva Le Faux Miroir, e occupa tre ampie sale di Palazzo Tagliaferro, per rendere omaggio ad un'artista emergente già vincitrice dell'ambito Premio Saatchi di Londra.
Nel suo progetto più recente intitolato Iride, Comoretti analizza la parte dell’occhio che più di tutte vanta una letteratura scientifica, filosofica, esoterica, di grande importanza. L'interesse di Comoretti per l’iride nasce da una vicenda personale che viene analizzata nel suo essere specchio di legami di sangue e genetici. L’iride si perpetua all'interno delle generazioni di una stessa famiglia. Per Comoretti, identifica «il luogo di appartenenza delle persone». I ritratti restituiscono lo sguardo allo spettatore, in un gioco di mise en abime per cui l’opera guarda colui che la guarda, delineando così un vis-à-vis tra opera e fruitore.
Comoretti utilizza un procedimento di ingrandimento e di focalizzazione del dettaglio, portando in luce il particolare per studiarne il colore, la luce, la brillantezza, la tessitura biologica. Nelle sue opere il volto della persona rappresentata (di solito appartenente ad un cerchio ristretto composto da familiari e amicizie strette) viene analizzato sotto diversi punti di vista e di luce. Il ritratto come genere viene quindi ripensato attraverso una moltiplicazione di sguardi che tentano di rendere conto della complessità e fascino del reale.
Il lavoro di Comoretti è alimentato da una profonda intenzione analitica, dalla volontà di rappresentare la forza e il senso di una mappatura dei corpi che in questa nuova occasione espositiva si basa sulla ricerca di un progetto che nasce dalla constatazione che «il personale è reale» ed è fatto di sensazioni tattili, di sguardi unici e irripetibili, di cui la mostra rappresenta un tentativo di esaltazione, profondamente conturbante.