GIÒ PONTI
MONASTERO DEL CARMELO
Via Padre Semeria 191 - Sanremo
Progetto e realizzazione: 1958
Il monastero, situato sulle panoramiche alture della città in un luogo probabilmente scelto per le caratteristiche di isolamento e silenzio fondamentali per un ordine basato sulla spiritualità mistica e ascetica, è uno dei più felici esempi di architettura sacra contemporanea. Ponti attribuì a questo progetto un valore 'eccezionale' nella sua lunga e ricca carriera di architetto. Si tratta della prima di una serie di opere religiose dello stesso autore, quali la Chiesa di San Francesco a Milano (1964) e la Cattedrale di Taranto (1964-1970), in cui la smaterializzazione dell'architettura raggiunge effetti particolarmente interessanti.
L’edificio del convento è caratterizzato da una marcata simmetria, linee semplici ed essenziali e copertura a doppia falda. La chiesa, poco visibile dall’esterno, dove è indicata solo con una doppia vetrata stretta e lunga in vetrocemento con croci bianche, è protetta da un lungo muro dal tracciato irregolare e si apre inaspettata in un sagrato esterno. Una serie di setti murari orientati che sostengono il tetto, quasi fossero sottili quinte teatrali, consente a chi entra in chiesa di percepire la cortina come continua e immergersi in una dimensione di profondo raccoglimento e, al tempo stesso, crea un effetto di smaterializzazione delle pareti per chi si rivolge alla comunità dall’altare.
MONASTERO DEL CARMELO
Via Padre Semeria 191 - Sanremo
Progetto e realizzazione: 1958
Il monastero, situato sulle panoramiche alture della città in un luogo probabilmente scelto per le caratteristiche di isolamento e silenzio fondamentali per un ordine basato sulla spiritualità mistica e ascetica, è uno dei più felici esempi di architettura sacra contemporanea. Ponti attribuì a questo progetto un valore 'eccezionale' nella sua lunga e ricca carriera di architetto. Si tratta della prima di una serie di opere religiose dello stesso autore, quali la Chiesa di San Francesco a Milano (1964) e la Cattedrale di Taranto (1964-1970), in cui la smaterializzazione dell'architettura raggiunge effetti particolarmente interessanti.
L’edificio del convento è caratterizzato da una marcata simmetria, linee semplici ed essenziali e copertura a doppia falda. La chiesa, poco visibile dall’esterno, dove è indicata solo con una doppia vetrata stretta e lunga in vetrocemento con croci bianche, è protetta da un lungo muro dal tracciato irregolare e si apre inaspettata in un sagrato esterno. Una serie di setti murari orientati che sostengono il tetto, quasi fossero sottili quinte teatrali, consente a chi entra in chiesa di percepire la cortina come continua e immergersi in una dimensione di profondo raccoglimento e, al tempo stesso, crea un effetto di smaterializzazione delle pareti per chi si rivolge alla comunità dall’altare.