L'EQUILIBRIO DELLE
DIVERSITÀ
Ceramiche d'autore
a cura di Riccardo Zelatore
Casinò di Sanremo
corso Inglesi 18 - Sanremo
dal 19 marzo al 14 aprile 2013
Sono cinque, ma a differenza dei personaggi di pirandelliana memoria, i nostri artisti sono ormai consapevoli di una loro identità acquisita. Non sono un movimento ma un gruppo dichiarato, si sono già presentati sotto una comune etichetta: Gruppo Kapra. Li lega un’amicizia certo non di circostanza, ma soprattutto li accomuna il mezzo ceramico che da un pò unisce il loro modo di pensare e fare arte. Pur mantenendo, nei modi e nei tempi, una effettiva indipendenza espressiva, condividono premesse poetico ideologiche, l’impegno nella ricerca sui materiali e sui procedimenti linguistici, il tentativo di andare oltre l’apparenza. Ulteriore ingrediente non secondario di questa formula artistica è l’appartenenza, o quanto meno la frequentazione - quotidiana per alcuni, reiterata per altri – di un territorio che trasuda ceramica a livello genetico. In ultimo, sono sodali ad un itinerario espositivo cercato e voluto congiuntamente, a fissare per immagini ceramiche uno spaccato della realtà albisolese contemporanea. Non si tratta semplicemente di essere insieme nel medesimo luogo e nello stesso momento, quanto, semmai, agire per un comune sentire e per una proposizione multipla, pensata tuttavia come unitaria e coesa. Non vogliono essere bandiera o vantare primogeniture e primati. Semplicemente, con l’umiltà di artigianale insegnamento, rivendicano legittimamente la loro porzione di palcoscenico.
Mettono in scena una rappresentazione a più atti che non vuole essere solo prospettiva personale quanto, casomai, gioco di squadra. Nel loro copione non c’è un primo attore ma tutti insieme concorrono ad abbattere il tradizionale sipario che divide la platea dal luogo della finzione scenica. Eliminare la soglia tra la realtà quotidiana e l’universo immaginifico di chi crea arte è in estrema sintesi il loro obiettivo e lo perseguono tenacemente, anche con proposizioni decontestualizzate rispetto agli spazi espositivi canonici e, sovente, desueti.
In questa messa in scena, giusto per proseguire in punta di metafora, ove i cinque protagonisti si muovono in una storia già pregna di incontri e avvenimenti, che affonda le sue radici nel passato recente e anela a un energico e fertile futuro, il mio ruolo può essere un po’ quello di voce narrante, di colui che si pone di volta in volta in relazione con l’uno e con l’altro, in quanto amico di alcuni e osservatore degli altri. I nostri incontri sono avvenuti e avvengono nei modi di simpatia delle occasioni quotidiane (per dirla alla Morosini) e questo mi ha offerto l’occasione di soffermarmi senza particolari tensioni sul senso dell’attualità della loro ricerca. In questa prospettiva mi è parso più consono evitare una ricostruzione puntuale dei singoli percorsi espressivi, impresa peraltro da altri già compiuta. Più adeguato il tracciare alcune considerazioni laterali, che provano a sintetizzare la loro essenza e la loro natura di artisti.
Le opere di Roberto Gaiezza paiono trarre linfa, tra le altre coscienze, dall’esperienza informale e gestuale e trovano nella terracotta la loro sintesi più energica e seducente, non tanto e non solo per i possibili accenti lirici quanto per le tentazioni tattili, per l’uso della materia come significante.
Giacomo Lusso ha individuato nella ceramica il territorio di indagine più prossimo al suo sentire, più libero e sperimentale, termine che va inteso non in senso diminutivo quanto semmai indispensabile per tratteggiare la sua crescita linguistica.
Aldo Pagliaro, come tanti artisti della sua generazione, è teso a risolvere il conflitto tra la nostra esilità individuale e l’immensità di un universo sempre più ostile.
Ylli Plaka è scultore nell’antico e genuino senso dell’espressione. La sua formazione è classica in termini di forma e di idea, ma gli esiti degli ultimi prolifici anni di attività ci consegnano un artista maturo.
Nei lavori di Carlo Sipsz l’elemento ispiratore è naturalistico ma il rigore e la lacerazione della forma assumono un carattere quasi architettonico. Le sue ceramiche arrivano a dare l’apparenza di spazi e volumi concreti, anche quando si determinano in sculture di piccole dimensioni
Come la vita che non conosce interruzioni, l’arte dei nostri cinque autori è un essere in continua, perenne trasformazione, costantemente tesa a cogliere i palpiti del quotidiano. Anche se tutti sono nel vivo della loro maturità, il loro cantiere creativo è ben lontano dall’avviarsi alla conclusione e certo serberà esiti ulteriori e sorprese.
Riccardo Zelatore
Ceramiche d'autore
a cura di Riccardo Zelatore
Casinò di Sanremo
corso Inglesi 18 - Sanremo
dal 19 marzo al 14 aprile 2013
Sono cinque, ma a differenza dei personaggi di pirandelliana memoria, i nostri artisti sono ormai consapevoli di una loro identità acquisita. Non sono un movimento ma un gruppo dichiarato, si sono già presentati sotto una comune etichetta: Gruppo Kapra. Li lega un’amicizia certo non di circostanza, ma soprattutto li accomuna il mezzo ceramico che da un pò unisce il loro modo di pensare e fare arte. Pur mantenendo, nei modi e nei tempi, una effettiva indipendenza espressiva, condividono premesse poetico ideologiche, l’impegno nella ricerca sui materiali e sui procedimenti linguistici, il tentativo di andare oltre l’apparenza. Ulteriore ingrediente non secondario di questa formula artistica è l’appartenenza, o quanto meno la frequentazione - quotidiana per alcuni, reiterata per altri – di un territorio che trasuda ceramica a livello genetico. In ultimo, sono sodali ad un itinerario espositivo cercato e voluto congiuntamente, a fissare per immagini ceramiche uno spaccato della realtà albisolese contemporanea. Non si tratta semplicemente di essere insieme nel medesimo luogo e nello stesso momento, quanto, semmai, agire per un comune sentire e per una proposizione multipla, pensata tuttavia come unitaria e coesa. Non vogliono essere bandiera o vantare primogeniture e primati. Semplicemente, con l’umiltà di artigianale insegnamento, rivendicano legittimamente la loro porzione di palcoscenico.
Mettono in scena una rappresentazione a più atti che non vuole essere solo prospettiva personale quanto, casomai, gioco di squadra. Nel loro copione non c’è un primo attore ma tutti insieme concorrono ad abbattere il tradizionale sipario che divide la platea dal luogo della finzione scenica. Eliminare la soglia tra la realtà quotidiana e l’universo immaginifico di chi crea arte è in estrema sintesi il loro obiettivo e lo perseguono tenacemente, anche con proposizioni decontestualizzate rispetto agli spazi espositivi canonici e, sovente, desueti.
In questa messa in scena, giusto per proseguire in punta di metafora, ove i cinque protagonisti si muovono in una storia già pregna di incontri e avvenimenti, che affonda le sue radici nel passato recente e anela a un energico e fertile futuro, il mio ruolo può essere un po’ quello di voce narrante, di colui che si pone di volta in volta in relazione con l’uno e con l’altro, in quanto amico di alcuni e osservatore degli altri. I nostri incontri sono avvenuti e avvengono nei modi di simpatia delle occasioni quotidiane (per dirla alla Morosini) e questo mi ha offerto l’occasione di soffermarmi senza particolari tensioni sul senso dell’attualità della loro ricerca. In questa prospettiva mi è parso più consono evitare una ricostruzione puntuale dei singoli percorsi espressivi, impresa peraltro da altri già compiuta. Più adeguato il tracciare alcune considerazioni laterali, che provano a sintetizzare la loro essenza e la loro natura di artisti.
Le opere di Roberto Gaiezza paiono trarre linfa, tra le altre coscienze, dall’esperienza informale e gestuale e trovano nella terracotta la loro sintesi più energica e seducente, non tanto e non solo per i possibili accenti lirici quanto per le tentazioni tattili, per l’uso della materia come significante.
Giacomo Lusso ha individuato nella ceramica il territorio di indagine più prossimo al suo sentire, più libero e sperimentale, termine che va inteso non in senso diminutivo quanto semmai indispensabile per tratteggiare la sua crescita linguistica.
Aldo Pagliaro, come tanti artisti della sua generazione, è teso a risolvere il conflitto tra la nostra esilità individuale e l’immensità di un universo sempre più ostile.
Ylli Plaka è scultore nell’antico e genuino senso dell’espressione. La sua formazione è classica in termini di forma e di idea, ma gli esiti degli ultimi prolifici anni di attività ci consegnano un artista maturo.
Nei lavori di Carlo Sipsz l’elemento ispiratore è naturalistico ma il rigore e la lacerazione della forma assumono un carattere quasi architettonico. Le sue ceramiche arrivano a dare l’apparenza di spazi e volumi concreti, anche quando si determinano in sculture di piccole dimensioni
Come la vita che non conosce interruzioni, l’arte dei nostri cinque autori è un essere in continua, perenne trasformazione, costantemente tesa a cogliere i palpiti del quotidiano. Anche se tutti sono nel vivo della loro maturità, il loro cantiere creativo è ben lontano dall’avviarsi alla conclusione e certo serberà esiti ulteriori e sorprese.
Riccardo Zelatore