domenica 13 maggio 2012

PAOLO PEJRONE E I DUE GIARDINI HANBURY


PAOLO PEJRONE E I DUE GIARDINI HANBURY

Su La Stampa di venerdì 11 maggio 2012 è comparso, a pagina 23, l’articolo “Il bizzarro caso dei due giardini Hanbury”. Bizzarria che il sottotitolo sintetizza nella formula: “Quello di Alassio entusiasma tutti, a Ventimiglia visitatori delusi”. L’autore, Paolo Pejrone, dopo aver riportato la notizia dell’eccezionale affluenza di pubblico registrata fra il 5 e il 6 maggio scorsi - in occasione del gemellaggio con la "Tre giorni per il giardino" del FAI - a Villa della Pergola di Alassio, acquistata nel 1922 da Daniel Hanbury ed attualmente di proprietà di Antonio e Silvia Ricci, propone un astioso confronto fra le condizioni di questo giardino e quello della Mortola di Ventimiglia, creato dal padre di Daniel, Thomas Hanbury, a partire dal 1867, da tempo posseduto dello Stato italiano e affidato in gestione all’Università di Genova.
Premesso che è doveroso rendere merito agli odierni proprietari di Villa della Pergola per l’operazione di salvataggio di questo sito, minacciato in precedenza – come sovente accade nelle località turistiche – da progetti speculativi, e per il laborioso ripristino del parco circostante, va però rimarcato che il confronto fra le due realtà, che Pejrone definisce “stridenti”, è del tutto improponibile, sia in termini dimensionali (2,2 contro 18 ettari), che d’importanza botanica. Il vantaggio, sotto questi profili, è tutto del giardino della Mortola, nonostante gli innegabili, gravi problemi di manutenzione che questo presenta, acuiti negli ultimi tempi da quotidiane scorrerie di cinghiali.
Ma il vero problema sta altrove. Pejrone, nel suo articolo, omette di menzionare due circostanze di non trascurabile rilievo. La prima consiste nel fatto che il suo giudizio è inficiato da un pesante conflitto d’interessi, avendo egli progettato il restauro del parco della Pergola e sovrainteso ai lavori conseguenti. La seconda nel sottacere che l’attuale allestimento del parco alassino era stato a suo tempo criticato dal direttore di Villa Hanbury, Prof. Mauro Mariotti, proprio sotto il profilo della pertinenza e della coerenza botanica.
Celare sotto una veste di pretesa obiettività questi elementi non si può dire il massimo della correttezza e forse La Stampa, che ha confinato la replica del Prof. Mariotti in uno spazio ben più limitato del j’accuse pejroniano, avrebbe, non si dice il dovere, ma un autentico interesse a ristabilire un imparziale confronto fra le due posizioni.